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Scoperti i resti del sacco di Cremona
October 18th, 2005
Ieri a Milano conferenza presso la Soprintendenza regionale
Piazza Marconi svela i tesori della città distrutta
Il segreto della città distrutta si nascondeva nel cuore di Cremona. Si è tenuta ieri, nella sede milanese della Sovrintendenza dei Beni Archeologici della Lombardia, l’attesa conferenza durante la quale l’archeologa Lynn Passi Pitcher con il sindaco Gian Carlo Corada (accompagnato dal direttore del sistema museale Ivana Iotta e dal conservatore della Sezione Archeologia Marina Volontè) ha illustrato lo stato dei lavori a una platea di studiosi e giornalisti. Sullo schermo della Sala delle Colonne sono scorse le immagini — ormai familiari ai cremonesi — di una piazza trasformata in cantiere ma anche di tanti oggetti, frammenti e resti di un passato remoto.
Un passato remoto, tragico e doloroso: «Proprio dal ritrovamento di strati di materiale bruciato — ha infatti spiegato Pitcher — possiamo oggi confermare il racconto che Tacito fornì circa la distruzione della città. Cremona venne messa a ferro e fuoco nel 69 d.C. dai soldati di Vespasiano: lo testimonia un deposito di macerie, spesso da un metro e mezzo a due, createsi proprio in seguito alle devastazioni della guerra civile e portate fin lì da più punti della città nei giorni della ricostruzione». E gli oggetti scoperti e mostrati al pubblico sono davvero tanti. Tra questi spiccano frammenti di oscillum — ovvero elementi ornamentali simili a medaglioni che venivano appesi tra una colonna e l’altra —, intonaci dipinti raffiguranti figure femminili, una patera (coppa rituale) importata da Arezzo, spilloni per acconciature femminili con ritratti di età romana, decorazioni provenienti da un letto, fino ai resti di una fontana monumentale in tessere di pasta vitrea, simili in tutto e per tutto quelle delle ricche fontane in voga a Roma e nel centro Italia. Elemento, questo, accostabile a un solo precedente nell’Italia settentrionale: Aquileia. «Per la verità gli scavi sono all’inizio» — spiegano i responsabili dei lavori —, ora infatti sta iniziando lo scavo in estensione delle fasi romane. Se i materiali archeologici trovati fino a ora sono indice di quanto si potrà recuperare — concludono — «possiamo ben sperare in rusultati strepitosi». «Pensiamo che la recente svolta degli scavi cremonesi sia una nuova pagina di storia per la vostra città e non solo», ha commentato la sovrintendente per i Beni Archeologici Elisabetta Roffia, mentre parole di grande apprezzamento sono arrivate anche dal direttore per i Beni e le Attività Culturali della Lombardia Carla Di Francesco: «Non posso che rallegrarmi di un risultato che ha sauputo mettere insieme la volontà di rendere migliore la vita dei cittadini e che contemporaneamente riporta alla luce e rende visibile la storia antica della città». Ora il difficile compito di realizzare un parcheggio agognato dalla cittadinanza nel rispetto del patrimonio archeologico che la Cremona sotterranea ha restituito.
Lo scavo di Piazza Marconi conferma la distruzione di Cremona narrata da Tacito
“Quarantamila armati fanno irruzione in città; ancora più grande il numero dei vivandieri e degli inservienti, gente di più depravata ferocia …. Disprezzate le ricchezze a portata di mano, preferiscono con la tortura e la frusta strappare il segreto ai padroni, dissotterrare tesori nascosti. Torce in pugno, si divertono dopo il saccheggio a gettarle dentro le case vuote, nei templi spogliati …. Quattro giorni durò l’agonia di Cremona. Alla fine, mentre ovunque edifici sacri e profani rovinavano tra le fiamme, il solo a salvarsi fu il tempio di Mefite ….”; così racconta lo storico Tacito (Le Storie, III, 33) la catastrofe che distrusse Cremona nel 69 d.C.
Fino ad oggi di questo terribile evento erano state recuperate poche labili tracce, durante alcuni scavi parziali nella città; invece ora il nuovo grande scavo in corso in Piazza Marconi, a circa 400 metri dalla Cattedrale, sta riportando alla luce le evidenze concrete della distruzione che annientò la città, e dalla quale l’antica colonia latina, fondata nel 218 a.C., e conosciuta come “…fiorente per il numero dei coloni, per il comodo utilizzo dei fiumi, per la fertilità del suolo…(Tacito, Le Storie III, 34), non si riprese mai del tutto.
Fu così grande lo sdegno delle popolazioni della penisola per tali barbarie, che vi fu un “…concorde rifiuto dell’Italia all’acquisto di prigionieri….” (Tacito, Le Storie, III, 34).
Nonostante che i dati sulla quantità dei soldati sembra siano stati esagerati dallo storico romano, nota lo storico moderno, Vera: “Fatte le debite proporzioni, i celebri sacchi di Roma a opera di Teodorico nel 410 e di Genserico nel 455 risultano senz’altro meno disastrosi.”
Gli scavi in Piazza Marconi
Le ricerche preliminari alla costruzione di un grande parcheggio sotterraneo, che sarà eseguito dalla società SABA ITALIA S.p.A. con un project financing su commissione del Comune di Cremona, con lo scopo principale di liberare il centro dalle auto e creare una unica isola pedonale, sono una felice occasione per indagare un'ampia area della città del passato (sono 2000 mq per una profondità massima di m 7,30) .
I risultati non si sono fatti attendere: tolte le cantine post-medioevali, che avevano eliminato gli strati medioevali ed altomedioevali, si è arrivati subito agli orizzonti datati all’età romana. Sono stati individuati alcuni edifici sicuramente posteriori al 69 d.C., poi abbandonati verso il V sec. d.C., di cui fa parte anche un sistema di riscaldamento ad aria calda (ipocausto).
Le strutture, come succede spesso, si riconoscono dalle trincee di asportazione, poiché era fenomeno diffusissimo cavare i mattoni degli edifici non più in uso per riutilizzarli nella costruzione di altri fabbricati.
Ma, entrando nel vivo del ritrovamento, si è individuato un deposito spesso da 1,50 a 2 m di macerie delle distruzioni della guerra civile del 69 d.C., portate da più punti della città nel momento della ricostruzione, voluta anche dal vincitore Vespasiano.
Si tratta di una sorta di Monte Stella di età romana; si ricorderà che le macerie dei bombardamenti subiti dai milanesi durante la II guerra mondiale furono portate alla periferia nord della città, creando una “montagnetta” artificiale. Nel caso nostro, l’area dell’attuale Piazza Marconi fu colmata per riempire una depressione notevole (m 4-5 circa) sul lato est della piazza; si trattava di una zona piuttosto periferica, vicina al fiume Po, che poi nel Settecento fu allontanato dalla città, per opera dell’uomo, di circa km. 1,5. Le macerie di età romana, che si trovano sopra uno strato evidentissimo di ceneri degli incendi, confermano la ricchezza tanto decantata dagli storici antichi.
Si può ricordare alcuni degli esempi più eclatanti. Particolarmente pregevole e raro è un ninfeo (una fontana monumentale) in tessere di pasta vitrea azzurra e di pietre di vario colore, a formare disegni geometrici; le bordature sono eseguite con listelli di vetro bianco e di conchiglie (di tipo murex brandaris e cardium). Fino ad ora in Italia settentrionale ne era conosciuto un unico esempio, in Aquileia, importante e ricco porto fluviale sito sulla Via Postumia. In genere questo tipo di manufatto viene datato all’età augustea.
Oltre alle fontane sono stati ritrovati altri elementi decorativi per giardini e esterni, come pietre invetriate e un oscillum con erote in bassorilievo che doveva trovarsi originariamente appeso tra le colonne di un porticato. Numerosi frammenti di pavimenti sia a mosaico che di cocciopesto con tessere sparse si intravedono nelle sezioni; si potrà dirne di più quando nei prossimi mesi sarà eseguito lo scavo dei depositi. Sono stati individuati moltissimi frammenti di affreschi, e dagli studi preliminari sembra che la raffinata clientela provinciale si fosse servita di maestranze centro-italiche per rimanere “à la page” con le mode del centro del potere, Roma. Tra i reperti di lusso spiccano una serie di frammenti di vetri a mosaico, coppe costolate e coppe soffiate a stampo con scene di gladiatori. Numerosi frammenti ceramici furono importati anche da luoghi lontani; per comprendere l’alto valore assegnato a queste suppellettili, basti citare il frammento di un piatto a vernice nera, che era stato restaurato in antico con una grappa in piombo. Tra gli elementi di mobilio è particolarmente interessante un’applique raffigurante un fenicottero, decorazione di un letto.
Sono stati portati alla luce anche numerosi scarti di ossa animali in vari stadi di lavorazione (recentemente l’osso lavorato fu sostituito con la bakelite e poi con la plastica). Fra i pezzi in osso ritrovati ci sono un ago da cucito e uno stilo per scrivere sulla cera.
Per la verità, gli scavi sono solo all’inizio; ora sta iniziando lo scavo in estensione delle fasi romane, e se i materiali archeologici trovati finora sono un indice di quanto potremo recuperare, possiamo ben sperare in risultati strepitosi!
In fondo, da tempo due vecchi ritrovamenti fortuiti punzecchiavano la curiosità degli studiosi intorno quello che fu definito da Tacito “il lungo e straordinario anno”: si tratta di un elemento di una catapulta appartenente alla legione IV Macedonia, sconfitta nell’area dell’accampamento sull’antica strada per Brescia a nord della città. Oltre alla denominazione della legione, è riportata la data di fabbricazione, il 43 d.C. Il secondo ritrovamento si riferisce ad un’altra catapulta, fabbricata nel 56 d.C. e in dotazione alle legioni germaniche di Vitellio, il generale sconfitto dalle truppe flaviane. Si ricorda che il fuoco che distrusse la città non fu appiccato soltanto dalle torce, ma anche con l’uso di catapulte.
Lo straordinario interesse di questi scavi non è soltanto da collegare agli eventi delle guerre civili, ma, soprattutto per gli specialisti, al fatto che ci permette di assegnare una cronologia assoluta, come è stato, ad esempio, per l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Significa, in breve, che tutto quello che si sta rinvenendo negli strati di distruzione e nei sottostanti è datato con sicurezza a prima della distruzione del 69 d.C. Si tratta di un fatto molto importante per l’archeologia dell’Italia settentrionale e delle province limitrofe, poiché molti reperti con datazioni finora non definibili o in sospeso potranno essere determinati con certezza.
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