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Roma, è tutto vero
La Storia ritrovata/ Gli scavi al Foro portano alla luce la casa dei Re della città e la capanna dove ardeva il fuoco sacro delle sacerdotesse. E confermano la nascita della città nel 753 a.C.

di CLAUDIO MARINCOLA (da Il Messaggero 14/2/2005)
Gli scavi all’interno del Foro hanno riportato alla luce uno dei “pezzi” più ricercati: la casa dei Re di Roma.

Secondo il professor Andrea Carandini, studioso che da più di vent’anni sta conducendo le ricerche, il palazzo reale si troverebbe proprio accanto al santuario di Vesta. Sul lato opposto, proprio in questi ultimi giorni, un altro prezioso ritrovamento: la Capanna dove ardeva il fuoco sacro delle sacerdotesse. Le due scoperte, avvenute in tempi diversi e non ancora annunciate ufficialmente, consentono di datare la fondazione dell’Urbe con più certezza, oltre le approssimazioni del mito, facendo coincidere ricerche archeologiche e leggenda romulea sulla datazione del 753 a.C.
Andrea Carandini, docente della “Sapienza”, aveva già dato un contributo sostanziale agli studi sul Foro romano riportando alla luce le Mura romulee che delimitano il Palatino. 

Il professor Carandini

La “svolta” - perché di svolta vera e propria si tratta - si deve alle indagini stratigrafiche condotte in questi ultimi due anni. «Abbiamo trovato - racconta il professore, docente di archeologia classica - alla quota di 6/7 metri un ambiente di 345 metri quadrati. Un cortile di 240 mq drenato da una canaletta e 105 coperti. Un locale così grande in quel punto, il santuario di Vesta, sottoposta alla potestà dei re, non può non essere il Palazzo reale».
Con questa scoperta - che verrà presentata ufficialmente domenica prossima a Firenze, in un convegno di “Archeologia Viva” al Palacongressi - esce dall’ombra in cui è stata relegata per anni la leggenda dei re di Roma, che ha alimentato una storiografia molto incerta, accompagnata da molti punti interrogativi. Come del resto l’intera Fondazione sottoposta alle forzature della Romanitas in epoca fascista e messa spesso in contraddizione con le tracce di insediamenti preesistenti documentati fino alla media età del bronzo (XII a.C.). Chi viveva in una capanna doveva accontentarsi di uno spazio ampio al massimo 30 metri quadrati. In proporzione la reggia era enorme: aveva al centro un salone per i banchetti al quale si accedeva da un grande ingresso monumentale sostenuto da colonne di legno. Le pareti erano di legno e argilla, i pavimenti in scaglie di tufo pressato, il tetto in tegole e gli arredi finemente decorati con ceramiche di altissima qualità, ai lati due o tre ambienti con i pali a sostenere le falde del tetto.


La fossa di una delle due colonne lignee dell'ingresso alla sala cerimoniale.


Tazza proveniente dal deposito di fondazione della Reggia.

 «Questo palazzo è durato - riprende Carandini - almeno fino al 64 d.C, che vuol dire quasi 8 secoli. Dopo i re è divenuto la dimora del Re sacrorum , il capo spirituale, e ha resistito anche in età Repubblicana fino al Primo impero».
I re vivevano, dunque, proprio dove ora c’è il tempio di Romulo, lungo la Via Sacra, che un tempo era solo un ruscello e scorreva alle pendici del Palatino, verso la Velia. L’altra scoperta è coerente con la topografia ipotizzata finora ed è venuta alla luce solo qualche giorno fa. «Scavando più ad ovest - rivela sempre Carandini - abbiamo trovato una grande capanna ovale, lunga circa 12 metri, con due focolari agli apici e uno al centro, i piani di cottura e i ripostigli per i cereali. Era la casa delle vestali, le sacerdotesse che, come è noto, dovevano sorvegliare il fuoco e non farlo mai spegnere».E c’è infine un terzo elemento non meno importante per le conclusioni che suggerisce affiorato durante gli scavi: una pavimentazione, a 8 metri sul livello del mare, fatta di ghiaia e ciottoli, anteriore di circa un secolo a quella che finora veniva considerato l’unico pavimento del Foro, risalente al VII secolo a.C. «Ci consente di leggere in chiave unitaria la formazione di Roma - afferma senza ombra di dubbio il professore - Fa convergere quello che fin qui abbiamo raccolto sulle origini e la tradizione sulla stessa data: la metà dell’VIII secolo a.C. E pone sia il Palatino che il Foro, compreso il palazzo del Re, la casa delle vestali, e il santuario di Vesta, che sono coeve, in un unico sistema e in un unico progetto. Ormai questa datazione diventa incontrovertibile».


Domus Regia. Ricostruzione della sala centrale della Domus dei primi re di Roma. L'ambiente era dotato di un bancone lungo le partei per sedersi a banchetto e assistere a cerimonie e riti. L'entrata, maestosa per il tempo, era sostenuta da due grandi colonne di legno. Si trattava di una regalità più modesta rispetto a quella dei sovrani orientali.

Una tesi e una riconsiderazione della “fondazione romulea”, quella di Carandini, che smentirebbe una volta per tutte Mommsen e la storiografia tedesca dell’800, propensa a liquidare come “leggendario” tutto quello che è anteriore al IV/V secolo a.C.
I romani, a differenza dei greci, avevano pochi miti e anche per questo hanno mitizzato la loro storia. Per il sovrintendente comunale ai Beni culturali, Eugenio La Rocca le ipotesi di Carandini poggiano su basi solide. «Mi sembra che quanto sta emergendo dagli scavi di Carandini, che può ritenersi il massimo esperto in questo campo - commenta il professor La Rocca - sia una lettura archeologica molto coerente. Chi ha predisposto la leggenda lo ha fatto con la consapevolezza che dietro vi era un fondamento storico. Questo non vuol dire che la vicenda di Romolo e Remo sia necessariamente andata così. Ma solo che la memoria così come ci è stata tramandata dalla maggioranza degli scrittori latini è molto più di un’ipotesi». Alla luce delle nuove scoperte si ridimensiona anche il ruolo dei Tarquini? «Questo è difficile dirlo - è la risposta del sovrintendente - ma alcuni punti oscuri vi erano anche prima. La “duplicazione dei re, Tarquino Prisco e Tarquinio il Superbo, ha sempre ingenerato sospetti. Ma in questo campo è sempre così: si citano annali, documenti, si elencano consoli. Poi se i conti non tornano, qualche re lo si fa morire rapidamente».

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