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È da sottolineare, inoltre, che in epoca antica, il colore era costoso, per cui in ambito militare è ipotizzabile che solo alcuni soldati più abbienti potessero servirsene come ad esempio gli ufficiali e gli appartenenti ai corpi speciali come i pretoriani o le coorti urbane.
Anche il bianco, alla pari dei colori, era un prodotto costoso derivato dalla lavorazione con lo zolfo e l'urea, pertanto era appannaggio delle persone abbienti. Circostanza da ricordare è il fatto che il potere indossare il bianco era indice di prestigio.
Ai soldati poteva essere concesso di sfilare in trionfo in Roma in bianco in casi eccezionali e in altri casi il bianco era il colore dei cosiddetti "candidati" con cui in qualche caso si indicavano le guardie pretoriane con i compiti di custodes.
Esistono numerose evidenze dei materiali usati. Venivano usati tutti i materiali tessili all'epoca conosciuti: lino e lana sopra tutti, ma anche la dura canapa. Non si hanno evidenze dell'uso della costosa seta ne del cotone, che, sebbene quest'ultimo fosse ben conosciuto già dai greci,e per la sua difficoltà nella filatura, divenne di uso comune solo in epoca industriale. Questi ultimi due materiali vanno evitati nelle ricostruzioni alla pari di qualsiasi fibra acrilica.
La forma più elementare e probabilmente la più classica fino al periodo tardo era quella costituita da un rettangolo che presentava tre buchi: due per le braccia e uno per la testa, facendo attenzione che l'abbondanza della stoffa copra gran parte del braccio, ma non arrivi all'avambraccio, pena la scomodità.
Una tunica siffatta poteva essere impreziosita da un dettaglio, ovvero che fosse confezionata in un pezzo singolo e non con due rettangoli cuciti di stoffa magari anche riutilizzata 2.
Per ottenere la corretta lunghezza, una volta indossata occorre controllare che "senza il balteus" la tunica arrivi ben al di sotto (3-5 cm) del ginocchio. Infatti una volta che verrà cinto il balteus sarà possibile sfilare un po' del tessuto dall'alto per farlo ricadere fino a nascondere la cinta.
In questo modo, si aggiusta la tunica affinché la sua lunghezza arrivi ben al di sopra del ginocchio.
Si otterrà quindi il gradito effetto che qualora ci si debba chinare, la tunica non si alzerà ulteriormente rivelando le parti intime.
In età imperiale la lunghezza sotto il ginocchio determinava se la tunica fosse un indumento femminile o di effeminato o comunque ridicolo 3.
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Fig. 5 - La Tunica classica con i clavii di colore porpora.
Il principale difetto della forma a "T" (paragrafo successivo) è la riduzione della libertà dei movimenti con le gambe. Infatti la tunica risulta stretta ed è impossibile allargare le gambe alla massima estensione. Ciò procura numerosi fastidi durante qualsiasi esercizio fisico, ma soprattutto nel combattimento. Usando la tunica classica il problema è assente, tuttavia può succedere di trovare un lieve impaccio nei lavori di braccia che si trovano circondate da un eccesso di stoffa. Per rimediare a questo inconveniente durante dei lavori manuali, i romani raccoglievano dietro il collo l'abbondanza di stoffa creando una palla di tessuto che fermavano probabilmente con un laccio (fig. 6 a fianco). |
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Fig.7 - Esempio di Tunica classica da un mosaico del III sec. d.C. custodito al Museo Prado di Madrid |
Fig.8 - Esempio di Tunica classica indossata da un lanista. Mosaico del II-III sec. d.C. presso la Galleria Borghese di Roma. |
È da notare come, nelle figure 7 e 8, in epoca tarda la tunica scendesse al di sotto del ginocchio pur essendo cinta. Un chiaro esempio di come la moda barbara stava iniziando a prendere piede.
In entrambe queste immagini è possibile riscontrare dei laticlavii di colore blu, in figura 6 stranamente molto sottili.
Oggi riprodurre una tunica a "T" in un unico pezzo partendo da uno scampolo significa inevitabilmente buttare via una enorme quantità di stoffa, che si potrà comunque usare per altri scopi. Altrimenti ci si può arrendere e fare delle maniche aggiunte con una cucitura. La tunica sarà certamente meno preziosa, ma il risultato sostanzialmente uguale.
Si sconsiglia l'uso di questo tipo di forma nell'ambito militare relativamente ai periodi fino al II sec. d.C. compreso. Dopodichè il concetto di tunica decadrà a favore di qualcosa molto più simile ad una lunga camicia dotata di lunge maniche fino ai polsi.
Ovviamente le misure dipendono dalla corporatura di chi la dovrà indossare. Le misure indicate in fig. 9 sono solamente indicative.
È consigliabile tagliare la parte centrale con molta abbondanza, ovvero lasciando il lato corto delle maniche il più corto possibile mantenendo la larghezza totale fino quasi al gomito. Questo permetterà maggiore libertà di movimenti durante le posizioni di combattimento o di corsa. Una "gonna" troppo stretta, infatti, impedirà una totale divaricazione delle gambe che risulterà un ostacolo insormontabile determinando anche delle cadute.
Fig.9 - Le misure illustrate sono quelle consigliate per una statura di 170-185 cm.
Lo spazio della testa è ricavato semplicemente facendo un taglio nella parte superiore.
Fig. 10
Da evidenze di epoca immediatamente post-romana (400-500 d.C.) è consigliabile praticare anche un taglio verticale per un maggiore comfort.
Fig. 11 - Il taglio verticale.
I romani tenevano moltissimo al loro modo di vestire che era spesso ostentazione del proprio status sociale o economico, molto più che oggi.
Uno dei modi per evidenziare la propria ricchezza era quello di usare indumenti colorati, in quanto il colore era certamente costoso. Addirittura il colore porpora era talmente costoso da giungere ai nostri giorni come caratteristico dei soli imperatori o di poche delle più alte cariche istituzionali.
(1) Roman Military Clothing vol.1 (2002) - Graham Sumner ed. Osprey
Roman Militay Dress ) - Graham Sumner (2009) ed. History Press
(2) Vangelo di Giovanni (19,23-24)
(3) Virgilio - Eneide IX, 615.
(4) Parlando della Guardia Pretoriana occorre tenere presente che molti ufficiali e sottoufficiali erano effettivamente provenienti dalle famiglie di Roma di rango superiore.
(5) SHA, Claudius, XVII, 6.
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